sabato, marzo 18, 2006

in-cubo


"Arrivederci"
"Arrivederci. Grazie, buonanotte"


Bene, mi dico, ci siamo. Sfilo via il sorriso dalla faccia: lo piego in due, e lo ripongo nella tasca destra dei pantaloni; è un po' sgualcito stasera, domani vedrò di tirarlo meglio.

Mi fermo davanti alla porta del bagno, in penombra infilo i guanti in lattice e apro e chiudo la mano in modo che aderiscano bene alla pelle. Entro.

La luce è la stessa. Bianca, slavata, verdastra, rivelatrice, cruda, semicrudele nello svelare ogni difetto che già la stanchezza evidenzia abbastanza. Un pezzo di carta bagnata dentro il lavandino, un capello, sul marmo piccolissime macchie di sangue e un po' di fondotintà in polvere.
Vanità. Chissà come c'è finito il sangue, ti chiedi.

La spugna intrisa di detergente assorbe tutto-se ascolti bene la senti anche masticare-scivola dentro al lavandino e con un movimento semiricolare torna su, sulla cannella di acciaio leggermente arrugginita alla base.

C'è una musica che non si distingue, forse è tango, ma non so, troppo electro, di sicuro non è rock. Giro il tappo della varichina, né verso un po' sulla spugna. "Cin cin" mi dico, "a te".

una goccia cade dentro al water l'acqua vibra.


Pulisco tutto, sopra, sotto di lato, gli occhi bruciano un po', ma non ci bado, tiro l'acqua e spingo indietro la testa per riposare il collo.

Prendo lo spray ritorno davanti al lavandino: nello specchio un viso pallido, le labbra mosse, le palpebre che battono e si sbattono di quello che ci sarebbe da vedere.
La mia immagine contesa tra due specchi, mi muovo e lei si muove, mi anticipa quasi.
Lei prende lo spray e spruzza il liquido sul viso- i lineamenti si confondono si liquefanno in piccole gocce, alcune colano-l'altra non si muove socchiude gli occhi appena, ammicca, si trattiene, poi prende della carta e la strofina sullo specchio nel punto del viso e lava via tutto.

Ripristina il riflesso.
Due specchi che si specchiano, sul pavimento sono carta sporca, fragile e bagnata tra mattonelle blu elettrico.

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