sabato, novembre 24, 2007

Carousel



Non so se i bambini pensano i cavalli delle giostre come cavalli veri. Non so nemmeno più quanti bambini ci vadano su queste giostre.
Quando ci andavo io si doveva fare la fila: stringevo il bigliettino colorato in una mano e nell'altra l'indice di mio padre. La giostra girava, i bambini ridevano, qulcuno, pochi, piangeva. Poi di nuovo il trillo, "altro giro altra corsa" salivo sul cavallino bianco. Sapevo che non era un cavallo vero, ma facevo finta che 'fosse', come fanno tutti i bambini quando giocano di fantasia.
-Pochi minuti per vedere il mondo da un'altra prospettiva- Sei, sette, otto giri e tutti i colori si confondevano di là, mentre i cavalli, le luci, la giostra e il suo proprietario restavano al di quà.
La velocità diminuiva,il trillo risuonava e le cose tornavano lentamente distinte.
Non ricordo cosa pensassi mentre ero là sopra, non ricordo nemmeno se cercavo tra le facce indistinguibili un viso familiare, quello che mi ricordo è che mi piaceva vedere il mondo di sempre in un altro modo,che era solo mio.
Credevo di poter vivere quel mondo solo da là.

Mi piacciono le storie, anche quelle tristi. Penso alle persone come storie, racconti non finiti. Ognuno di noi in misura diversa entra nelle pagine dell' altro consapevolmente o meno.
Quando piove gli odori ristagnano nell'aria, allora puoi intuire meglio le vite degli altri.Voglio sapere com'è stare al di là.

Ore 8,30: l'autobus sa di naftalina e di lacca spray, è pieno di vecchiette. Ti guardano con sospetto, con la faccia di chi pensa 'ai miei tempi non era così' e non capisci se c'è rimpianto o delusione. Poi se sorridi cominciano a parlarti di quando erano giovani. La voce trema'Sai...Firenze non è sempre stata così piena di macchine'.
Ore 19,00: la gente rientra a casa, ti pestano i piedi, manco se ne accorgono, tutto per accaparrarsi un posto a sedere.
Qualcuno fa lo sforzo di pulire il vetro appannato per guardare fuori. Davanti a me due uomini parlano una lingua slava, hanno i vestiti macchiati di vernice e il loro alito sa di alcool.
Altri, sempre più spesso non italiani, cedono il posto a persone anziane.C'è chi ha gli occhiali da sole nonostante sia tramontato da qualche ora.
Ore 21,00: il neon blu illumina il viso stanco di una ragazza, ha una borsa di lana colorata e una macchina fotografica.
Due cinesi con due borse piene di cibo pronto, l'aria sa di fritto e spezie.
Mi alzo e suono il pulsante:"tin!" fermata prenotata lampeggia vicino alla scritta 'exit'. La vettura rallenta,si ferma. Le porte si aprono: fine della corsa.
Scendo, ma tutto continua a muoversi.

mercoledì, novembre 14, 2007


lunedì, ottobre 29, 2007

Qualcosa è cambiato...

"...ma non è il taglio di capelli, magari quello verrà poi.
Non riesco a capire tutta questa mia violenza, questa voglia di strappare via pezzi di carne come carta dai muri per scoprire cosa c'è sotto, arrivare all'essenza. E forse non si può.
Allora cosa serve continuare a scavarsi dentro?
Si trova forse cose di cui non se ne ipotizzava l'esistenza? E' probabile che nello scavare ci si dimentichi di quello che si sta cercando veramente e lo si continui a fare finché non si trova ciò che vediamo nelle nostra testa. Ma l'immagine cambia sempre e non combacia mai con la cosa che si ha tra le mani.
Che significa se piove e il cielo è grigio? Che è una triste giornata? Di sicuro non per il venditore ambulante di ombrelli: per lui se piove all'improvviso è una vera fortuna."

(L. Mauer)


sabato, settembre 29, 2007


sabato, giugno 30, 2007

Diaframma


Che dire? Venerdì sera bislacco. Ero quasi decisa a restare a casa, poi mi sono ricordata che a Prato suonavano i Diaframma e mi sono galvanizzata un po'.
Ore 23,00 scendiamo dalla macchina e nel parcheggio stracolmo aleggia "siberia" (che bello ^^)
Arriviamo davanti al palco, buio intorno: una baracchina che vende non so cosa, un gelataio, il banco-bar e una pseudocucina, il tutto di una tristezza assurda.
Scatto qualche foto e sono tutta contenta perché anche se il posto non è granché e ci sono quattro gatti, federico fiumani è splendido come sempre e voglio godermi il concerto.

PECCATO che era la penultima canzone quella! E siamo arrivati tardi, oppure loro sono arrivati troppo presto...Nel giro di una quindicina di minuti tutta la mia voglia di divertirmi è svanita e mi sono ritrovata con una birra in mano vicina a fiumani, con la vaga intenzione di abbracciarlo e frignare come una bimba.

Vabeh, sarà per la prossima volta...

mercoledì, giugno 20, 2007

OH NO! JOHN! Il mistero in uno sticker



Spesso vi sarà capitato di vedere uno di questi adesivi appiccicati qua e là per le strade. Firenze ne è invasa, sono ovunque: sui cartelli stradali, fermate dell'autobus, bagni, pensiline dell'ataf, muri...
In breve un fenomeno ritenuto insolito si è trasformato in una vera e propria operazione di marketing, una trovata pubblicitaria assolutamente inconsueta priva delle solite curve siliconate o pettorali unti da palestrato.
Le origini sono vaghe, su internet girano un sacco di versioni. Le fonti più attendibili inquadrano l’adesivo come made in Florence, ma sulla questione del come e perché è nato l’atmosfera si fa più nebulosa.

Gli ideatori conosciuti come Sancho e Tony sono due ragazzi che, dicono, per gioco hanno dato vita a quest’azione di “guerrilla marketing” ripresa niente meno che da un fumetto.
Da subito hanno catturato la curiosità della gente e dato vita ad un meccanismo di ricerca del suo significato che è stato costruito pian piano proprio con l’interesse delle persone e si è concretizzato con la vendita dei prodotti firmati OH NO! JOHN!
I più scettici sostengono che sia frutto di precisi calcoli e probabilmente è così.
Il fatto che abbia avuto successo non significa che potrà accadere nuovamente, magari con un altro brand. Intanto però la gente parla, si incuriosisce, vuole l’esclusiva, cerca significati che ovviamente non ci sono e l’insoddisfazione viene colmata con l’acquisto di una t-shirt del marchio in questione. “E’ vero non ha senso, ma almeno sono trendy”

venerdì, maggio 25, 2007

Il bello del Perdersi

Settimana intensa piena di novità e nuovi personaggi, buoni e cattivi, di strada e di casa, di passaggio da "Via Faentina" o semistabili, vagine volanti e dj alla bona, ma divertenti.
Fermento è la parola giusta.

Oggi mentre aspettavo un autobus che non arriva mai, ho assistito ad una scena interessante, non sanno che si perdono quelli che aggeggiano con il lettore mp3 e si estraneano dal micromondo dell'autobus.
Si sa, la tecnologia ormai fa parte del quotidiano e meglio ancora sappiamo che le nuove generazioni sembrano non potersene separare, mentre tra quelle più datate c'è ancora qualche scettico. Ebbene genitore e figlio discutevano, il primo brizzolato, piedi piatti, camminava sicuro dietro Santa Maria Novella di fianco all'altro, un adolescente occhialuto e gracile ma abbastanza incazzato che osannava i vantaggi dati dal navigatore satellitare. Il padre invece, povero illuso cercava di instillare nel figlio un minimo di fiducia nell'uomo, la madre, come quasi tutte le madri, bilanciava. L'ultima frase che ho sentito è stata "che cazzo ci fai con i' to-tomm, ma un'è meglio se tu le impari te le strade, con la tu testa".
A proposito di fiducia nell'uomo, quando sento parlare di questo argomento mi viene sempre in mente un film in cui il protagonista dice "Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini, il giorno che accadrà sarà un giorno sbagliato."
Certo il quotidiano ce ne dà la prova di questa mancanza di fiducia negli uomini e la tv amplifica e inventa, costruisce un marchingegno assurdo, e noi finiamo poi, paradossalmente, col dare fiducia a lei.
La mia visione del mondo cozza totalemente con quella della mia amica Marta secondo la quale nessuno è antipatico, nessuno è stupido, nessuno è incapace, si tratta solo di diversità e variabili, invece io penso che l'80% della popolazione non capisca un cazzo e apra la bocca per fare ginnastica, per contrastare la sedentarietà, e che tutti, a volte, siamo delle palle paurose, siamo banali, scemi, incapaci. Però questo non vuol dire che se una persona si siede accanto a me e ha voglia di parlare io per partito preso non apra bocca, anzi, muovendosi, viaggiando si fanno gli incontri più disparati, conosci un' insegnante romana che dalla scuola pubblica passa ad insegnare a sollicciano, un italo-inglese che scrive su "aam terra nuova", conosci una pazzoide livornese che ti tira fuori tutto il progetto della sua futura casa, un ragazzo di San Francisco che ti chiede di accompagnarlo a lucca a fare foto, visioni del mondo simili alle tue o completamente diverse.

Ma allora l'ipod me lo compro, (secondo voi?!) ?!

lunedì, aprile 30, 2007

Supermarket

Non c'è luogo più spersonalizzante, alienante, stressante del supermercato, che col mercato oggi non ha proprio niente a che vedere, se non il nome che è rimasto, accoppiato a super.

Tra i corridoi stracolmi di marche, colori, numeri, perdi addirittura la cognizione del tempo o forse è là dentro che scorre più lentamente come nella piraide di Cheope?
Sei costantemente messo di fronte a una decisione qualsiasi prodotto acquisti, a partire dallo shampoo: per tutti i tipi di capelli, per capelli grassi, secchi - e fin qui è accettabile - si continua con shampoo superrinforzante con proteina b2 e b6, per capelli stressati, per capelli colorati, sottili, che si spezzano, shampoo per capelli difficili da gestire, (che sono quelli degli ultras e degli adolescenti con la sindrome di linus) per capelli crespi, ricci, sfibrati, per capelli che valgono...tutte queste opzioni per poi andare a scegliere quello da primo prezzo che non ha nemmeno la doppia "o".
Non so perché, fare la spesa al supermercato mi snerva e mi stanca molto di più di un'ora di footing con raffreddore, in salita (e non sono atletica) infatti di solito torno a casa col mal di testa assurdo e senza rendermene conto infilo i biscotti nel frizer e il caffè in frigo.



E poi al supermercato fai gli incontri più disparati. Puoi incrociare il tuo vicino di casa, quello che alle elementari ti tirava le trecce, l'amico di famiglia, gli ex, il pusher, chi ti tira le guance, chi ti tira le frecciate, coltellate, sassate, chi ti attacca trecentoquaranta bottoni per venderti il caffè, quelli che ti amputano tutte e cinque le dita dei piedi con il carrello, la vecchietta che non arriva a prendere lo scottex, il bambino che frigna per le merendine, la zitella acida, il perfido datore di lavoro, holly e benji due fuoriclasse...
La cosa più buffa è che spesso adottiamo misure camaleontiche per evitare di essere visti.
ATTENZIONE! Sconsiglio vivamente di prendere la prima cosa che si ha sottomano e di far finta di leggere attentamente dietro la confezione, magari in turco. (L' ho sperimentato in prima persona con quello che mi faceva catechismo, una persona non proprio amabile che non mi vedeva in chiesa dai tempi della prima comunione, con una paresi facciale perenne, che non sorride nemmeno se gli tiri le labbra e le fermi col biadesivo.)
Lo intravidi mentre cercavo una scatola di cerotti e presi la prima cosa che avevo sottomano, che era poi un test di gravidanza e io quel giorno volevo comprare solo un chilo di pane e una scatola di cerotti.

lunedì, febbraio 05, 2007

Glasses

music theme: Everybody's gotta learn sometime



C'è chi osserva le cose per anni e si abitua alla loro forma, al colore, alla luminosità,
poi trovi un paio di occhiali blu ed è come se aprissi gli occhi per la prima volta.

giovedì, gennaio 11, 2007

Click - Lentezza

Mi ricordo due occhi azzurri grandi su un viso magro e liscio e una frangetta lucida castano scuro, si muoveva con lentezza, parlava poco, era il mio compagno di banco delle elementari.
Spesso copiavo da lui le operazioni di matematica, nelle divisioni soprattutto ero scarsa.
Mi ricordo il suo cane lupo, i compleanni in giardino, nascondino, il gioco della bottiglia, diventava rosso se gli parlavi e rideva in modo strano.
Aveva un tic che rendeva ritmico il suo essere, ogni tanto inspirava di scatto e alzava la parte sinistra del naso.
Oggi ho visto un ragazzo correre, ci siamo incrociati, lui guardava dritto io l'ho osservato : un cappello di lana marrone, gli occhi azzuri grandi, il viso abbronzato, l'ho riconosciuto solo da quella contrattura del viso, strana ma familiare. E poi dicono che i dettagli non contano, anni e anni condensati in un movimento, tremila sensazioni in un due secondi. E questo mi fa sorridere.
Ciao Ale